«Il compito
dell'artista non è la rappresentazione fedele
dell'aria, dell'acqua , delle rocce
e degli alberi. La sua anima e la sua
sensibilità devono rispecchiarsi nella sua opera.
Il
compito di un'opera d'arte è di
riconoscere lo spirito della natura, comprenderlo,
regi-
strarlo e renderlo con tutto il cuore e il
sentimento».
Ciò che Caspar David Friedrich
scriveva nel 1830 è ancor oggi valido per gli artisti
che,
come lui, hanno deciso di volgere la propria
osservazione alla Natura e al paesaggio in
particolare, che è spiritualizzato,
pervaso da un'atmosfera religiosa e dall' anelito
inestin-
guibile dell'uomo di tendere verso l'
Infinito che in esso si rivela. Dunque, il
«compito» del-
l'artista e dell' arte non è la
stretta fedeltà al referente reale, la
«descrizione» ma quello
di ritrovarsi nelle forme, nei colori, negli
spazi che la sua mano dipinge ispirata dalla stes-
sa natura. Così è in Markus
Schenk. Il suo tocco è leggero, i suoi toni hanno la
trasparenza
e l' impalpabilità dell' acqua - la
tecnica scelta e prediletta è infatti quella
dell'acquerello
- le sue rocce, le sue montagne, i suoi
cieli sono silenziosi, di una inedita pacatezza, di
una quiete che è più quella
dell' anima che non quella propria di ciò che
è esternamente
visibile. I paesaggi che tornano con un'
insistenza quasi ossessiva, si semplificano nelle sa-
gome, perdono i consueti dettagli di
riconoscimento, si dissolvono nella luce opalina, nei
colori diafani per divenire canto, emozione
pura liberata.
Friedrich continua: «Chiudi il tuo
occhio fisico, così che tu possa vedere il quadro con
l'oc-
chio dello spirito. Poi porta alla luce del
giorno ciò che hai visto nell'oscurità,
così che pos-
sa reagire con gli altri, dall' esterno
verso l'interno». Questo moto dall' esterno verso
l'interno
si completa poi nel percorso inverso: l'
immobilità, la saldezza delle montagne, la loro
mae-
stosità, inducono a pensieri di
profonda e sincera spiritualità, al roffrontarsi con
esse e
a constatare la precarietà della
nostra esistenza e oltre, e poi «riuscire» e
permeare di tan-
ta raffinata sensibilità il mondo
esterno. E come se l'artista condotto dalla Natura a
sco-
prire sé, l'universo e le sue
ragioni, dovesse poi ripagarlo con i frutti così
conseguiti. La
delicatezza del segno e dei tratti indica
dunque un rapporto di mutuo beneficio e di dichia-
rato rispetto. L' atteggiamento
contemplativo di Markus Schenk diviene la fonte dalla
qua-
le attingere per rendere e anzi identificare
l' oggetto contemplato con l' emozione così
arricchita dai valori spirituali più
alti. E l' immagine sublimata diviene rievocazione,
acqui-
sta i caratteri visionari di spazi
sconfinati; la profondità è lieve, senza
plasticità ma risolta
in superficie, le cromie si sottraggono
sempre più a qualsiasi riferimento naturalistico
per
trasformarsi in vibrazioni nuove,
permettendo a un giallo ocra e al chiarore delle sue
tonalità di avvolgere tutto, le
montagne, le nuvole del cielo e la terra. L' assenza
manifesta
della figura umano sottolinea l' aspetto di
solitudine dei paesaggi: non c'è sgomento,
non c'è angoscia ma il riconoscimento
di uno grandezza misteriosa con la quale l' artista
si confronto.
Danila Serafini
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