23.10. - 02.11.1997

Ich möchte Sie und Ihre Freunde zur Eröffnung

der Ausstellung zum Thema:

"Eindrücke über das Eisacktal"

am Donnerstag, den 23. Oktober 1997,

im Kongreßhaus von St. Ulrich um

18.00 Uhr herzlich einladen.

 

Ho il piacere di invitare Lei ed i suoi amici

all'inaugurazione della mostra sul tema:

"Impressioni sulla Val d'Isarco"

che si terrà giovedì, 23 ottobre 1997, alle ore 18.00

nel palazzo dei congressi di Ortisei.

deutsch

ladin

italiano

Val d' Adesc - Eisacktal -  Val d'Isarco

Nce sce me vën èrt sèura a scri velch sun mi pitures, uIëssi mëter ju n valgun pensieres

sun mi vijion dl depënjer.

Te chisc ultimi ani me ei dat ju truep cun l' aquarel dantaldut cun l depënjer valedes mon-

tes y crëpes dla Dolomites. Chisc paesajes che à ispira moleri de duta Ia époches artistiches

sciche A. Dürer W. Turner, R. von AIt, T. Ender, E.T. Compton . . . á na fascinazion ster-

scia nia me sun chëi che i vëij per l prim iëde, ma dantaldut sun la jënt che viv iló

Pizes tI nibl o dan n temporal, atmosferes dl ji do jú dl surëdI, col y montes nevëdes ite

ie marueies che me pëia ite uni iëde, nce sce i ei bele udui milesc iëdesc. Da conche Ies

dëpenji, vëiji Ia natura cun dut de autri uedìi, natura che ie for stata maestra y che ie sciche

na funtana, ulache n po ji a se paré la seit.

Ëila me permët de ji sot tla cosses, de cri y maduri ora i valores dla vita, ensenian la pa-

zienza y la contemplazion.

To la massoria y ji sun n col a depënjer chësta marueies ie deventeda per me na pascion,

n mesun per cri mé nstës: ei giatá no pesc nteriëura te armonia cun i eiemënc dla natura.

Tl depënjer me vála plutosc di co y nio tan de cieche feje, cialan de lascé lerch ai senti-

mënc, che muda di per di, ëura per ëura (mei ne n ie doi dis o doi mumënc medemi un

cun l'auter!).

Nsci cëli de romantisé l motif cri ora dajan gran pëis ala lum, che ie la cossa che me nteres-

sea al mumënt l plu de dut, lum che n ie boni de rënder drët bën cun l' aquarel.

L ie na tecnica ria, ma cun gran puscibilitëies, che ie scumenciamënt y curona de dut l de-

pënjer; no tecnica essenziela y pratica, che permët de ji dlonch ncantëur a cri motives nce

scundui y dalonc da ruvé permez. Posc mo nia contaminei dala zivilisazion, natura ente-

grela, cruva, salvera, zënza sënies dla modernitá ie mi pascion.

Speron che tl dauni reste mo n valgun pitli luesc (sce no auter almanco tl ce . . .), ulache

mi ana romantica ebe lerch per pudëi semié.

 

Markus Schenk

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Gedanken zu einem Aquarell von Markus Schenk

(Winterlandschaft 1993)

 

Seit es in meinem Bozner Atelier zwischen anderen Bildern hängt, drängt es mich wieder-

holt, die darauf dargestellte Dolomiten-Landschaft ins Blickfeld zu nehmen. Dabei ergeht

es mir wie einem, der aus irgendwelchen Gründen sich nicht mehr aufraffen kann, die von

Markus Schenk gemalte Landschaft selbst auf Skiern oder zu Fuß zu erwandern bzw.

zu er-fahren.

So stehe ich gelegentlich vor dem Aquarell wie vor einer nostalgisch heraufbeschworenen

Erinnerung aus meiner Jugendzeit, stehe plätzlich inmitten einer von der Stille beherrsch-

ten, vom gleißenden Licht überfluteten und nach Schnee riechenden

Berglandschaft - und träume vor mich hin.

Gustav Flaubert hat einmal gesagt: »Was mir als das Höchste in der Kunst erscheint (und

als das Schwierigste), ist nicht Lachen oder Weinen hervorzurufen, nicht jemand in Brunst

oder Wut zu versetzen, sondern auf dieselbe Weise wie die Natur zu wirken, das heißt

zum Träumen zu bringen.«

Bei dem genannten Aquarell handelt es sich nicht um eine erfundene Landschaft (obzwar

es in der Kunst, meines Erachtens, nur Erfundenes gibt), sondern um eine reale, die Mar-

kus Schenk für sich gefunden, entdeckt und gemalt hat. Diese seine An-Sichten im Umgang

mit dem ausgewählten Gegenstand zeugen neben handwerklich solidem Können auch von

Ein-Sichten hinter der Oberfläche der jeweils behandelten Sujets.

Daß Markus Schenk sich an die große Tradition der Aquarellmalerei orientiert (siehe Dü-

rer, Rudolf von Alt, Constable, Turner), finde ich nicht nur legitim sondern Voraussetzung,

um seinerseits ganz zu sich selbst, d.h. zu seiner eigenen Handschrift zu gelangen. Inso-

fern befindet er sich, wie mir scheint, auf dem rechten Weg. Daß dieser Weg an sich kein

Ziel kennt außer einem in fortwährender Entwicklung begriffenen, ist Ziel genug.

In diesem Sinne werde ich Markus Schenk weiterhin in seiner Arbeit verfolgen, da ich der

Ansicht bin, daß ihm die bisherige Entwicklung auch weiterhin zu immer besseren und

hauseigenen Resultaten befähigen wird.

Dazu wünsche ich ihm die nötige Ausdauer, Besessenheit, Leidenschaft und Liebe zum Hand-

werk und einen langen Atem.

Markus Vallazza - Wien 1996

 

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«Il compito dell'artista non è la rappresentazione fedele dell'aria, dell'acqua , delle rocce

e degli alberi. La sua anima e la sua sensibilità devono rispecchiarsi nella sua opera. Il

compito di un'opera d'arte è di riconoscere lo spirito della natura, comprenderlo, regi-

strarlo e renderlo con tutto il cuore e il sentimento».

Ciò che Caspar David Friedrich scriveva nel 1830 è ancor oggi valido per gli artisti che,

come lui, hanno deciso di volgere la propria osservazione alla Natura e al paesaggio in

particolare, che è spiritualizzato, pervaso da un'atmosfera religiosa e dall' anelito inestin-

guibile dell'uomo di tendere verso l' Infinito che in esso si rivela. Dunque, il «compito» del-

l'artista e dell' arte non è la stretta fedeltà al referente reale, la «descrizione» ma quello

di ritrovarsi nelle forme, nei colori, negli spazi che la sua mano dipinge ispirata dalla stes-

sa natura. Così è in Markus Schenk. Il suo tocco è leggero, i suoi toni hanno la trasparenza

e l' impalpabilità dell' acqua - la tecnica scelta e prediletta è infatti quella dell'acquerello

- le sue rocce, le sue montagne, i suoi cieli sono silenziosi, di una inedita pacatezza, di

una quiete che è più quella dell' anima che non quella propria di ciò che è esternamente

visibile. I paesaggi che tornano con un' insistenza quasi ossessiva, si semplificano nelle sa-

gome, perdono i consueti dettagli di riconoscimento, si dissolvono nella luce opalina, nei

colori diafani per divenire canto, emozione pura liberata.

Friedrich continua: «Chiudi il tuo occhio fisico, così che tu possa vedere il quadro con l'oc-

chio dello spirito. Poi porta alla luce del giorno ciò che hai visto nell'oscurità, così che pos-

sa reagire con gli altri, dall' esterno verso l'interno». Questo moto dall' esterno verso l'interno

si completa poi nel percorso inverso: l' immobilità, la saldezza delle montagne, la loro mae-

stosità, inducono a pensieri di profonda e sincera spiritualità, al roffrontarsi con esse e

a constatare la precarietà della nostra esistenza e oltre, e poi «riuscire» e permeare di tan-

ta raffinata sensibilità il mondo esterno. E come se l'artista condotto dalla Natura a sco-

prire sé, l'universo e le sue ragioni, dovesse poi ripagarlo con i frutti così conseguiti. La

delicatezza del segno e dei tratti indica dunque un rapporto di mutuo beneficio e di dichia-

rato rispetto. L' atteggiamento contemplativo di Markus Schenk diviene la fonte dalla qua-

le attingere per rendere e anzi identificare l' oggetto contemplato con l' emozione così

arricchita dai valori spirituali più alti. E l' immagine sublimata diviene rievocazione, acqui-

sta i caratteri visionari di spazi sconfinati; la profondità è lieve, senza plasticità ma risolta

in superficie, le cromie si sottraggono sempre più a qualsiasi riferimento naturalistico per

trasformarsi in vibrazioni nuove, permettendo a un giallo ocra e al chiarore delle sue

tonalità di avvolgere tutto, le montagne, le nuvole del cielo e la terra. L' assenza manifesta

della figura umano sottolinea l' aspetto di solitudine dei paesaggi: non c'è sgomento,

non c'è angoscia ma il riconoscimento di uno grandezza misteriosa con la quale l' artista

si confronto.

Danila Serafini

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